Everything is the same

Non tutte le emozioni, mio caro Watson

Sono convinto si sia oggi, a livello globale e a livello nazionale, ancora al punto in cui le emozioni sono relegate al ruolo di spurio epifenomeno della ragione.

Sappiamo, io e te, che è invece giusto che le emozioni, le loro esternazioni, le conseguenze del loro esprimersi attraverso di noi o del nostro esprimerci attraverso di loro, occupano uno spazio che si colloca almeno tra il positivo e sano o alla peggio tra l’inevitabile e l’incontestabile.

Questo mio riconoscimento è un po’ più significativo dello zero assoluto perché non posso in sincerità dire di avere abbracciato queste posizioni per tutta la mia vita: sono stato una persona orgogliosamente e fastidiosamente logica, che ha a lungo celebrato quello che oggi so essere un pruriginoso asetticismo. Questo poi è cambiato, ma se ne parlerò sarà in una nuova, migliore, occasione.

Anticipo, solo per te, che ritengo sia un tema accidentalmente politico.

Oggi la premessa mi serve solo perché qualche giorno fa mi sono lasciato sorpendere da una cosa che ha il rischio di essere presa come contraria a quanto premesso: perdere oggetti mi attiva emotivamente.

Sento un disagio, un’onda di sproporzionata frustrazione, un’impulso a ritrovare l’oggetto e con questo riportare equilibrio nel mio mondo - l’unico mondo che conosco - che sfugge alle considerazioni razionali.

È innegabile, per quanto sia sbagliato, frivolo e empaticamente disallineato con la situazione dell’umanità, che non trovare in tasca un paio di cuffiette da 20 euro, senza alcun valore affettivo, mi causi una reazione che tocca tasti che il telegiornale non sa più raggiungere. Non penso che questo nasconda nulla di interessante e profondamente umano che la ragione abbia soppresso, ma sia la preoccupante testimonianza del brutto emergere di una distorsione culturale che ha scavato radici profonde nella mente, se non di molti, almeno mia.

Possiamo dirlo? Diciamolo.

Tocca tenersi attenti non solo alle insidie di una ragione che trova sollievo solo nell’eviscerare tutto, ma ormai anche a un’emotività cooptata e militarizzata da immagini, idee, abitudini e convenzioni che ne hanno corrotto funzioni e prospettive.

Stay safe, stay happy.